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Sono una donna sola. Serenamente sola. Ho pochi amici, non ho un compagno e lavoro dieci ore al giorno.
Sono capace, preparata, sono economicamente indipendente, non soffro di solitudine e non leggo romanzi rosa. D’estate mi piace viaggiare, d’inverno lavoro. E questo è tutto.
Ho sempre considerato un buon vantaggio non soffrire di quelle che definisco “disfunzioni emotive”: la ricerca del grande amore, l’attesa costante della felicità. Preferisco una tranquilla armonia. Piccole cose, concrete, che mi liberano da ansia e insoddisfazione. Sono orgogliosa di poter guardare un film dall’inizio alla fine senza piangere istericamente per le vicende della protagonista.
Non mi identifico nelle eroine del grande schermo. Non ho paura di vivere e non ho paura di soffrire, e se vedo una stella cadere esprimo un desiderio, ma riguarda la pace nel mondo o l’acqua, che sia un diritto per tutti gli abitanti di questo pianeta. Cose distanti da me e dalla mia vita.
Naturalmente ho dei sogni: mi piacerebbe vivere in un mondo più corretto, dove per esempio non si picchiano i bambini e non si ruba negli ospedali. Derubare un ammalato è disgustoso e vile. Eppure accade, l’ho visto con i miei occhi.
Tuttavia, ritengo che la vita non debba essere necessariamente incantevole. È un tempo che abbiamo a disposizione e questo mi basta.
Ma non sapevo di essere bella.
Non mi riferisco alle mie caratteristiche fisiche, ma al mio modo di essere donna.
E invece tu mi hai toccata e ascoltata con l’attenzione che si ha per le persone importanti. All’inizio ho commesso l’errore di pensare che fosse merito tuo: che la bellezza non appartenesse a me, ma al tuo modo di guardarmi. E invece no, sono io che sono bella. Bella, come tutte le donne. Ricordo esattamente le parole che hai scelto per spiegarmi che creatura magica sia la donna.
Non lo sapevo. O forse per molti anni ho preferito dimenticarlo. Ma ho ancora tempo, e questa volta lo terrò a mente.
La mia vita non cambierà. Continuerò a lavorare e viaggiare da sola, ma non permetterò più a nessuno di toccarmi o parlarmi con distrazione.
Grazie per avermi ospitato nella tua vita e nella tua casa.

(Tratto dal romanzo “La turista italiana”)

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