A un certo punto del suo viaggio, Claudia, protagonista di “La turista italiana” di Maria Tina Bruno, dice: “Ecco che cos’ha questa casa. Si sente che qui c’è stato un tempo che adesso non c’è più, un tempo rigoglioso, fatto di luce e vita, che però non c’è più”.
Solo la scrittura può evocare quel tempo e quella luce anche quando, come in questo caso, imita l’andamento caotico della vita, in cui non tutte le parole e gli avvenimenti hanno un senso, ma servono a cercarlo fra continue tergiversazioni.
Che bella parola “tergiversare”: divagare, andare in senso inverso. Compare nel romanzo soltanto una volta, ma è la chiave di quella prosa che, con sguardo neutro, si tiene alla larga dalle grandi morali, tanto facili quanto fasulle.
E “facile” suona, nel titolo, quel viaggio da turisti, gente che cambia aria senza mai cambiare vita. Ma è la scelta astuta di una grande scrittrice che attrae il lettore in un registro da commedia, salvo poi condurlo nel cuore delle questioni che più ci coinvolgono: l’amore, il sesso, l’amicizia, la libertà, la fine delle cose. La potenza degli incontri e della solitudine.
Quando Claudia e Francesca partono per Creta sembrano Thelma e Louise, ma fanno più ridere, sono più italiane, nel senso corretto del termine, e chi legge può unirsi ai loro dialoghi scoppiettanti di vita, e ironia che non scade mai nel cinismo.
Dove sarebbero l’una senza l’altra, in mezzo a chi promette, si espone e poi si spaventa? Dove sarebbero, in questa vita che attacca e colpisce senza preavviso?
Vivere una libertà amorosa e sessuale oggi è diventato complicato, se i maschi affidano il proprio desiderio all’immaginario dozzinale di una pornografia lontana dall’eros e dai suoi misteri, e tante – troppe – donne credono di doverlo condividere passivamente.
Attraversando queste pagine, chi legge incontrerà le sfumature dell’esistenza, sgombre di affettazioni letterarie, di pose precostituite per sorprendere. Perché l’essere umano, nella propria essenza, è sorprendente: il più stupefacente dei viaggi. Ma bisogna essere abbastanza scaltri da guardare con occhi leali e attenti, per scoprire se siamo turisti della nostra vita, spettatori inconsapevoli di noi stessi.
Solo la scrittura può evocare quel tempo e quella luce anche quando, come in questo caso, imita l’andamento caotico della vita, in cui non tutte le parole e gli avvenimenti hanno un senso, ma servono a cercarlo fra continue tergiversazioni.
Che bella parola “tergiversare”: divagare, andare in senso inverso. Compare nel romanzo soltanto una volta, ma è la chiave di quella prosa che, con sguardo neutro, si tiene alla larga dalle grandi morali, tanto facili quanto fasulle.
E “facile” suona, nel titolo, quel viaggio da turisti, gente che cambia aria senza mai cambiare vita. Ma è la scelta astuta di una grande scrittrice che attrae il lettore in un registro da commedia, salvo poi condurlo nel cuore delle questioni che più ci coinvolgono: l’amore, il sesso, l’amicizia, la libertà, la fine delle cose. La potenza degli incontri e della solitudine.
Quando Claudia e Francesca partono per Creta sembrano Thelma e Louise, ma fanno più ridere, sono più italiane, nel senso corretto del termine, e chi legge può unirsi ai loro dialoghi scoppiettanti di vita, e ironia che non scade mai nel cinismo.
Dove sarebbero l’una senza l’altra, in mezzo a chi promette, si espone e poi si spaventa? Dove sarebbero, in questa vita che attacca e colpisce senza preavviso?
Vivere una libertà amorosa e sessuale oggi è diventato complicato, se i maschi affidano il proprio desiderio all’immaginario dozzinale di una pornografia lontana dall’eros e dai suoi misteri, e tante – troppe – donne credono di doverlo condividere passivamente.
Attraversando queste pagine, chi legge incontrerà le sfumature dell’esistenza, sgombre di affettazioni letterarie, di pose precostituite per sorprendere. Perché l’essere umano, nella propria essenza, è sorprendente: il più stupefacente dei viaggi. Ma bisogna essere abbastanza scaltri da guardare con occhi leali e attenti, per scoprire se siamo turisti della nostra vita, spettatori inconsapevoli di noi stessi.