Essere amati e poi non essere amati più.
Nel sorprendente romanzo di Maria Tina Bruno, “La turista italiana”, l’amore è un animale imbizzarrito che irrompe nella vita dei personaggi e poi, improvvisamente, così come era arrivato, se ne va.
E se da un lato chi smette di amare prosegue nella propria vita come se non avesse amato mai, chi è stato lasciato ha il difficile compito di guarire.
Ma in questo romanzo, proprio come nella realtà, è difficile stabilire chi siano i vincitori e i vinti, chi fugge e chi resta, chi ama e chi non ama più.
È il caso della protagonista, Claudia, donna in egual misura fortunata e sfortunata, ostinata e insicura, ragionevole e nevrotica, che combatte ogni singolo evento come se non ci fosse un domani, pur sapendo in cuor suo che sarà l’ennesima battaglia persa.
Ma non c’è autocommiserazione nelle sue parole. Anche nei momenti più duri, quando Claudia scoppia dalla rabbia per un’ingiustizia subita, riesce comunque a sorridere della propria fragilità, a vedersi dall’esterno, mentre annaspa in questa vita a tratti crudele e a tratti splendida, che nessuno dovrebbe mai smettere di amare.
Involontariamente divertente, buffa suo malgrado, quando darebbe un mignolo per apparire altera e sensuale invece di inciampare clamorosamente nelle proprie e altrui emozioni, Claudia trascina il lettore in un vortice di sentimenti contrastanti, di decisioni epocali, di giganteschi fraintendimenti.
Ma è questa sua capacità di rivelarsi, di mostrare agli altri ciò che vorrebbe tenere per sé, che la porterà ogni volta a rinascere dai propri errori.
Perché Claudia lo sa, non è l’amore altrui che ci definisce, ma quello che noi riusciamo a provare per noi stessi e per gli altri.
Ogni dolore non è mai concluso in sé, ogni sconfitta non è il finale di una storia, ma fanno parte di un orizzonte striato di alti e bassi, che comincia così:
“Qualunque cosa contiene almeno un fondo d’amore, e anche un fondo d’amore può essere perfetto ed eterno…”.