Per la nostra rubrica, interamente dedicata a tutti gli scrittori del socio-cosmo, oggi vi presentiamo il testo di Grazia Maria Addante.
Amo non essere letta piuttosto che compiaciuta di orgoglio altrui e di tenera indifferenza
Il lampadario dondola riflesso nello specchio
spinto da un ventilatore di note stonate da Bach
Agitando i pennelli di gomma piuma nel tino dell’uva matura
Non basta mai una fotografia per raccontarlo come una vita
Oggi non andrò al mare a lavarli
Preferisco bagnarli ancora alla foce delle mie lettere irridescenti e ridare senso ai fiori secchi di Orchidea bianca sul pavimento
Dipingerei uno sguardo saltando sul fuoco
Spegnendoci sopra l’illusione di quest’ultima sigaretta rubata all’astinenza
Mentre i gatti nel cortile mendicano gli avanzi del vicino
E due bangladini camminano lenti con i loro telefoni incollati alle orecchie lucide di sudore e la pancia che si fa largo al sole
Non basta mai una fotografia quanto una vita
A chi ne è pieno quanto un uovo
Se potessi sceglierei la prima
In un tempo in cui seduta controvento su una barca arenata fui speranzosa
Che Leopardi fosse solo un depresso
Chaplin un comico e solo Giuda il traditore
I tendoni di plastica si agitano in coro al garrito delle rondini e si gonfiano di spezie miste e di odori della città che cambia
Amo non essere letta
Derubata di ciò che in realtà non mi serve
E non serve a nessuno
Se potessi però fotograferei il concetto
L’idea mi rende più libera di Baudelaire
Più schiava di Spartaco
Ti scelgo quando voglio leggere qualcosa che poco mi appartiene
Sottoporti al giudizio della mia morale borghese e dei miei filtri trash
E finisco pure per non annoiarmi
Al punto che amo il tuo sarcasmo
Quando scegli di non leggermi per compassione e per menzogna
Mi accusi di essere poco romantica
Al mare di Santorini tra tanti spettatori a non fotografare il tramonto
E vedendomi sul patibolo della poesia
Gioisci di questa fine
A mio padre, unico fotografo del mio seme nudo