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L’approccio alla scrittura è molto personale. Si può dire che ogni scrittore abbia il suo, a partire dalla gestione degli orari e dall’esecuzione pratica: c’è chi scrive di notte, chi all’alba, chi si ricava i suoi spazi durante l’intera giornata, chi scrive reclinato su un sofà come Oscar Wilde, chi in piedi come Hemingway.
Detto questo, in che modo uno scrittore si relaziona al proprio materiale? In altre parole, come passa dall’idea ancora confusa nella sua mente alla trascrizione di essa su carta? Anche qui esistono infinite variabili.
Una delle convenzioni più rigide di un testo letterario, sin dagli albori della narrazione, è la trama. La vicenda che si intende esporre parte a una certa maniera e finisce in un’altra, nel mezzo troviamo la storia, che è poi la spiegazione di come si è arrivati dal punto di partenza al traguardo finale. Apparentemente il metodo più sbrigativo e vantaggioso dovrebbe essere quello di avere già in testa l’inizio e la fine del racconto, per avere poi la sufficiente libertà di arrivare dall’uno all’altra come si preferisce, sbizzarrendosi con le digressioni o con le scelte stilistiche. Non è detto che un punto A e un punto B debbano per forza essere uniti da una linea retta, si può anche scegliere legittimamente l’arabesco.
C’è poi chi prende le mosse da una traccia suggestiva ma ancora poco delineata e, solo strada facendo, cercherà di scoprire dove la vicenda vada a parare, quasi facendosi condurre dai suoi personaggi anziché il contrario.

(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)

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