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Ogni tanto occorrerebbe riascoltare quel che Vittorini, curatore editoriale oltre che celebre scrittore, sosteneva a proposito dell’opera di Carlo Emilio Gadda.
La dichiarazione fu da lui rilasciata in veste di giurato presso il Premio degli Editori di Corfù, nel 1963: «Bisogna sempre ricordare che accanto ai libri intesi come genere di consumo ci sono dei libri che invece hanno l’importanza di essere mezzi di produzione. Mi spiego meglio con una metafora più diretta. Facciamo una distinzione tra una letteratura che ha una funzione venosa, priva di ossigeno, che usa quello che è stato fatto da altri, e una letteratura che ha la funzione arteriosa, quindi che ha la funzione di portare il sangue a nutrire la vita degli altri».
L’ardito paragone ematico di Vittorini travalica la pur somma figura letteraria a cui è rivolto e ci serve come riflessione sull’intera storia della letteratura: ci sono pochissimi autori, qui come in tutte le altre forme espressive, che riescano nello sforzo titanico di trovare davvero qualcosa di innovativo. Il resto dei loro colleghi si avvale di quelle invenzioni, spesso modificandole e semplificandole sino a renderle dei cliché utili per una produzione di largo consumo.
C’è il genio, che è quello che inventa, c’è il talento, che è quello che sfrutta l’invenzione di seconda mano, e infine c’è il professionista, che adopererà quelle stesse suggestioni, ormai prive di originalità, per preparare un prodotto pensato per un pubblico senza troppe pretese.

(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)

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