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#paroladautore

Capisco benissimo, dover restare reclusi dentro le proprie abitazioni è snervante e a lungo andare psicogeno, specie se non riguarda una scelta personale, bensì un’imposizione esterna, per quanto dettata a nostro beneficio.
Ricorda un po’ la carta “Imprevisti” del Monopoly: “Vai in prigione senza passare dal Via!”.
Ma ora provate a solidarizzare per un attimo con chi questa detenzione domiciliare (senza neanche bisogno di una sentenza di condanna) se la vive, se possibile, con ancor maggiore angoscia della vostra, per colpa di abitudini, idiosincrasie, indole, condizioni esistenziali, questioni più o meno gravi legate alla salute.
Pensate alla moglie che da anni riceve botte e maltrattamenti dall’uomo di casa, che si trova ora relegata notte e giorno con il proprio aguzzino, vedendo complicarsi ancor più la possibilità di ribellarsi.
Pensate a partner il cui rapporto da tempo si sia logorato, che magari stavano procedendo a una separazione legale subito prima dell’inizio della quarantena, e che attualmente, soprattutto se hanno dei figli, si trovano a condividere gli stessi ambienti in maniera ancor più penosa, in attesa che i tribunali riaprano.
Pensate ai ladri d’appartamento: che gli resta da fare, ora che i luoghi di lavoro sono costantemente occupati dai legittimi proprietari? Pensate a chi coltivava una relazione adulterina, consumando magari qualche fuggevole peccatuccio nella pausa pranzo o nell’ora di allenamento di calcetto del primogenito. Pensate alle donnine allegre e alla loro clientela fissa, queste e quelli impediti a muoversi per le strade, nel cuore della notte, dove concordare il giusto prezzo per qualche attimo di scomodo amore.
Pensate ai patiti della movida notturna, dei rave, del tirare tardi attendendo l’alba. Pensate ai fotopatici, ai porfiriosi, ai logorroici, ai primattori, agli affabulatori, a quelli che al mattino hanno la pressione troppo bassa e che danno il meglio di sé facendo le ore piccole, tra brindisi, flirt, nuove conoscenze, avvantaggiati da quella disinibizione generale che solo l’arrivo del buio permette. Del resto, non scordiamoci che l’uomo è un animale socievole, ancor prima che un animale sociale.

P.G. Daniel

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