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«Hanno cominciato tanto tempo fa, quando lo vedevano in giro.
Hanno cominciato in uno o due, poi, vedendo che rimanevano impuniti, ha finito per imitarli una dozzina di ragazzini. Sgambetti, parolacce, gomitate.
A un certo punto hanno cominciato a fargli le imboscate. Hanno capito i suoi orari, a che ora andava a fare la spesa, le ore in cui lo si vedeva in giro in centro. Lo andavano a cercare apposta per divertircisi un po’.
Si sono informati. Hanno capito dove abita. Hanno cominciato ad andare direttamente lì, in periferia, a tarda sera, quando e dove possono fargli ciò che vogliono, liberamente.
Sono ragazzi normali, come scriveranno in seguito i giornali. Frequentano il liceo nel vicino capoluogo, sono figli di piccoli commercianti, di impiegati, di gente qualunque.
Con lui danno libero sfogo alle loro fantasie. Fanno a gara a chi la fa più grossa.
Sul gruppo WhatsApp dedicato allo scemo, che è Calogero, si sbrigano a condividere subito i filmati, freschi freschi. Si riprendono l’uno con l’altro con gli smartphone mentre vanno a fargli i dispetti, nel cuore della notte.
“Oggi s’è preso tante mazzate,” chattano orgogliosi.
Chi non può andarci vuole sapere: “Come l’avete combinato allo scemo?”.
Si rammaricano di non esserci stati anche loro, di non aver dato un calcio, una sberla, una spinta al picchiatello che nei filmati si sente che sbraita seccato, e più sbraita e più se ne piglia.
“Raga, che si fa stase?”
“Ideona! Andiamo giù dallo scemo.”»
“I confini del male” è un’antologia di racconti scritta da P.G. Daniel e pubblicata da Pop Edizioni.
Ci trovate anche “Calogero”, da cui il brano precedente è tratto.
Racconta di un pover’uomo rimasto solo, maltrattato dai ragazzini del paese per puro passatempo. Ma, in parallelo, racconta anche di quei ragazzini, della “normalità” da cui provengono, dei mezzi tecnologici avanzati che utilizzano per mettere in atto una delle ingiustizie più antiche al mondo: il più forte che si accanisce arbitrariamente sul più debole.
Parla della leggerezza con cui torturano quello che hanno scelto come loro zimbello personale, parla della noia e del vuoto che li avvolge.

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