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Perché da sempre la donna intimorisce il potere maschile al punto da essere stata relegata alle mansioni domestiche e schiacciata da tradizioni religiose e culturali che tuttora sussistono in moltissimi paesi?
Chi sta al potere teme e invidia la sua forza, tanto da cercare continuamente di spezzarla con regole e soprusi?
Se in Occidente i movimenti femministi sono riusciti a conquistare sempre maggiori e sacrosanti diritti, così non avviene in gran parte del mondo, dove ancora le donne vivono condizioni per noi ormai impensabili.
Non c’è bisogno di andare molto lontano. Basta attraversare il mare, basta leggere la raccolta di J.H. Yasmin “La mia patria sono io”, in cui nove donne egiziane raccontano le proprie esperienze in una società fortemente maschilista e patriarcale.
Basta, per esempio, leggere la storia di Fawzeya e della figlia Sara. Una storia di infibulazioni, impossibilità a continuare gli studi, matrimoni combinati, obbedienza a mariti e suocere, rischio continuo di venire ripudiate dai mariti, asservimento alle esigenze famigliari.
Vicende orribili che si tramandano di generazione in generazione, di madre in figlia, senza ribellarsi: “Passò qualche anno e quando Sara compì diciassette anni fu data in moglie a un cugino, figlio di uno dei fratelli di Farid. Inutili furono le parole di Fawzeya che chiedeva al marito di aspettare finché la figlia avesse terminato gli studi”.
Queste nove donne hanno accettato di offrire le proprie dolorose testimonianze all’autrice di “La mia patria sono io” nella speranza che i lettori italiani ascoltino le loro voci. Perché se nessuno trova mai il coraggio di raccontare la verità, la società rimarrà sempre uguale a se stessa.
Le donne, quando si sono unite e hanno preso piena coscienza di sé e delle loro enormi risorse interiori, sono riuscite a condurre le proprie battaglie fino al successo.
È ciò che auguriamo anche al mondo femminile egiziano.

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