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“Assecondare le regole di mio zio era diventato naturale. Semmai, a sembrarmi diverso e incomprensibile, sfocato rispetto alla limpidezza del nostro universo, era quel che accadeva fuori dalla nostra casa.”
Il brano che avete letto è tratto dal mio romanzo “Il sangue non fa rumore”, pubblicato da Pop Edizioni.
Da autrice, per me è inevitabile parlare al passato, perché è così che imparo a conoscermi. Il futuro è di tutti, invece il passato è qualcosa di strettamente personale, ed è lì che abitano le ragioni per cui oggi siamo il risultato degli anni trascorsi.
Alle persone che mi sono più vicine spesso racconto di quando, all’asilo, ero amica di una bimba che mi trattava come se fossi la sua marionetta.
Mi costringeva a fare tutto ciò che voleva, ma non in modo violento o aggressivo. Semplicemente minacciava di non essermi più amica se non le avessi obbedito, e questo era sufficiente per piegarmi ai suoi capricci, perché la prospettiva di rimanere da sola mi terrorizzava.
Se lei non voleva mangiare, digiunavo anche io, se lei disegnava un albero dovevo fare altrettanto, se lei indossava una maglietta arancione e io una verde diventava isterica perché avrei dovuto sapere che il verde era un colore che detestava.
Capitava, talvolta, che cercasse di obbligarmi persino ai bisogni corporali, perché se non fossi stata uguale a lei in tutto e per tutto la nostra amicizia non avrebbe avuto senso.
Chiunque, ascoltando questi ricordi, mi chiede perché mi sia lasciata trattare così, e anch’io me lo sono chiesta a lungo.
La domanda che mi pongo oggi, però, è un’altra ed è più importante: che cosa era obbligata a subire quella bimba, tra le pareti di casa, per infierire così su di me?
L’infanzia è un pozzo in cui gli adulti lanciano monetine dorate, colmandolo di affetto e aspettative.
Ma alcuni di loro, invece, colmano quel pozzo con altro: paura, violenza, tensione, eventi traumatici.
Perciò nel mio romanzo ho voluto raccontare la storia di quella bambina che nessuno è stato in grado di aiutare né di salvare. Ho provato a immaginare quanta sofferenza e fatica occorrano per diventare adulti quando non c’è nessuno a proteggerci dalla “famiglia” che incombe su di noi.
(Lilia Scandurra)

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