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“Non che sia apatica. Nella mia vita c’è e c’è stato affetto.
E non sono autolesionista, quelle piccole cicatrici che ho sulla pelle sono frutto di esperimenti che servono a calibrare l’equilibrio interiore e mi aiutano a capire fino a che punto arrivi il mio disinteresse al dolore.
Di tanto in tanto devo prendere dei respiri profondi perché da bambina soffrivo di una leggera asma che non mi ha più abbandonata.
Altre volte, invece, ho la sensazione di aver dimenticato come si fa a respirare.”
A parlare è Nia, la protagonista di “Il sangue non fa rumore”, romanzo d’esordio di Lilia Scandurra, pubblicato da Pop Edizioni.
Nia è una giovane donna che, finiti gli studi universitari, trova un impiego da infermiera grazie al quale si sente finalmente libera e indipendente. Almeno sino a quando una telefonata inattesa la obbliga a tornare al suo paese d’origine.
La avvertono che lo zio sta male, quello zio che l’ha cresciuta dopo la morte dei genitori, quello zio che ha dominato la sua infanzia con morbose fissazioni, segregandola in casa per la maggior parte del tempo.
Ora è lei a dover badare a lui.
Il ritorno alla vecchia casa e ai luoghi dove è stata bambina e adolescente significa anche ripercorrere a ritroso i sentimenti, i dolori, le esperienze traumatiche e i pochi spiragli di normalità che hanno segnato quegli anni.
“È così riconoscibile l’odore del sangue.
Quello dell’odio invece è diverso, varia a seconda dell’ambiente con cui viene a contatto. L’odio che provo ha l’odore di questa casa. Di mio zio, che tossisce violentemente mentre lo trascino per le spalle e lo appoggio con la schiena ai piedi del divano.”
La grande bravura dell’autrice è quella di saper mischiare la storia presente con i flashback del passato, così che la vicenda si scopra pian piano, un particolare dopo l’altro, lasciando a bocca aperta il lettore con colpi di scena incalzanti, grazie a una scrittura raffinata e matura, che sa di volta in volta nascondere o svelare in maniera sapiente e calibrata.

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