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Che cosa si fa quando il partner ci lascia? Magari all’improvviso, dopo una relazione durata anni, in cui tutto sembrava filare liscio, perlomeno a uno dei due…
Si piange? Si urla? Ci si dispera in silenzio? Si telefona agli amici? O magari ci si osserva, quasi come se fossimo al contempo spettatori e protagonisti della nostra disillusione amorosa, e poi si scrive un libro?
Ed è esattamente quello che ha fatto Anita Docile nel suo bellissimo volume “A volte mi calmo: ritratti di amore e disamore”. Una raccolta a metà strada tra aforismi e poesia, ricca di umorismo e malinconia, in un cocktail che riesce sempre a commuovere e divertire i lettori.
Un diario lungo 63 giorni per sopravvivere a un abbandono, arricchito dagli intensi acquerelli della pittrice uruguaiana Catherina Romanelli.
Quando il cuore non ragiona, quando la mente si rifiuta di accettare la realtà e i pensieri ripropongono di continuo ricordi ingannevoli di un amore che non esiste più, pare di sprofondare nel baratro di un dolore cieco, a cui si può resistere solo opponendo un tragicomico senso dell’umorismo.
“Mi lego le mani e i polsi.
Mi lego i piedi e le caviglie.
Mi lego le braccia e le gambe, mi bendo gli occhi
mi tappo la bocca
per non amarti più.
Posso legarmi anche i capelli, se vuoi
ma poi si vedono le orecchie
e le mie orecchie
oggi
sono brutte.”
La protagonista di questo libro non si piange addosso, c’è sempre un guizzo nelle sue parole, una svolta ironica che fa da controcanto ai lamenti di un cuore ferito.
È questo il punto di forza dell’autrice: una vena umoristica che affiora implacabilmente, costringendola a non prendere troppo sul serio le pene d’amore di un animo dolente, tradito e disilluso, come se l’autoironia fosse l’unico mezzo efficace per ripartire e trovare risorse nuove e sufficienti a guarire.
“Io e te.
Noi due.
Te lo ricordi?
Forse no.
Altrimenti saresti qui con me
e non lì con lei.”
I testi si alternano alle suggestive illustrazioni di Catherina Romanelli. Le pagine possono essere staccate e incorniciate per colorare le pareti di casa, perché per cominciare a guarire dal dolore bisogna circondarsi di bellezza.

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