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“I confini del male” è una raccolta di racconti scritti da P.G. Daniel.
L’argomento dominante è il male visto nella sua accezione quotidiana, quasi banale, che si annida nelle case o agli angoli delle strade delle nostre città.
La prevaricazione di un vicino sull’altro, di un parente sull’altro, la crudeltà di chi si approfitta di qualcuno che si trovi in difficoltà per trarne un qualche tipo di vantaggio personale, fosse anche solo quello di ammazzare un po’ il tempo.
Vi accorgerete però, scorrendo il libro, che, proprio come nella vita reale, accanto alla vittima e al suo carnefice c’è un terzo elemento, pressoché immancabile: l’indifferenza della gente intorno. Un silenzio assordante, per ricorrere a un ossimoro ormai abusato.
Un’apparente cecità fatta in verità di mille occhi che fingono di non vedere, un mutismo fatto di tante bocche che si morsicano la lingua per non complicarsi la vita, per preservare il quieto vivere: “Lascia che si aggiustino tra di loro”.
Quante volte abbiamo avuto notizia di persone soggette a violenza o abusi da parte di qualcuno. Persone che si sarebbero potute salvare se solo qualche testimone si fosse deciso a denunciare.
Così accade in molti di questi racconti, tra anziani scelti come zimbelli da qualche baby gang, disabili irrisi e maltrattati, donne brutalizzate dai propri partner, omosessuali pestati a sangue per le loro scelte di vita, immigrati sfruttati e brutalizzati, bambini lasciati in balia di gente senza scrupoli sotto gli occhi di tanti vicini di casa o parenti consapevoli, che hanno preferito ignorare l’orrore.
Come affermava Martin Luther King: “Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi, è l’indifferenza dei buoni”.

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