Quando si viene lasciati all’improvviso, e malamente, quando ci si sente abbandonati ingiustamente, perché invece andava tutto benissimo e stare insieme era uno spasso assoluto, una girandola di emozioni liete, un mosaico di affinità intellettive ed emotive, le domande che assillano la mente nelle ore diurne e notturne sono più o meno queste:
PRIMA DOMANDA:
“Io e te. Noi due. Te lo ricordi?
Forse no.
Altrimenti saresti qui con me, e non lì con lei.”
SECONDA DOMANDA:
“Ma come ti è venuto in mente di non amarmi più?
Io ero lì, che ti sognavo tutte le notti,
e tutte le notti nei miei sogni tu eri felice.”
TERZA DOMANDA:
“Che poi cosa vuol dire non ti amo più?
Che prima mi amavi e adesso no?
Che invece non mi hai mai amata e dunque neppure adesso?
Che mentre io ti amavo, tu giocavi a nomi, cose e città, scegliendo le parole a caso?”
In effetti, in questo genere di abbandoni, dolorosi e improvvisi come il morso di una vipera inferocita, di domande ce ne sarebbero molte altre, ma la questione che mi tormenta in questo momento è: che faccio, mi concentro su tutte le domande possibili o invece provo a cercare poche, plausibili risposte, mentre mi scolo una bottiglia di vino bianco?
(Testi tratti dal volume “A volte mi calmo”, di Anita Docile, con 63 illustrazioni di Catherina Romanelli, in vendita sul nostro sito www.popedizioni.it)