Purtroppo, devo ammettere una volta per tutte che io non sono una scrittrice, ma una riscrittrice.
Una bieca, ottusa, mediocre riscrittrice compulsiva e seriale.
Passo le stagioni, le giornate, le ore e i minuti a riscrivere parole che ho già scritto, smonto e rimonto costruzioni su cui mi sono già scervellata, immagini che ho già elaborato, limato, ripensato, cancellato e riproposto tali e quali.
Sono il prototipo di colui che prospera e s’ingrassa alle spalle altrui, che scopiazza le idee migliori, ricalca le sfumature, scimmiotta pedantemente lo stile, e poco importa che le spalle su cui gravo, le sfumature, le idee e lo stile che scimmiotto siano i miei e solo i miei, resto comunque una riscrittrice. Non una scrittrice.
Sono la sanguisuga di me stessa, mi ingozzo della mia linfa, sguazzo nelle mie parole, ricopio i miei sentimenti, li ripropongo, li ricalcolo allo sfinimento, rielaboro, reinvento, ma non c’è niente di nuovo sotto al sole.
Ci sono solo io che mi sfrutto all’infinito. Senza rispetto, senza pudore, senza un barlume di immaginazione, utilizzo ogni parte di me, compresa la cotenna, pur di tirar fuori almeno un po’ di grasso dalle mie parole.
Persevero e mi ostino a rimestare il fondo, in cambio di un po’ di sapore.
Nella ridicola speranza che prima o poi tu possa leggere le mie parole.
Tu, che ti addormenti quando ti parlo.
Tu, che ti annoi quando io piango.
Tu, che sei convinto che il bugiardino dell’aspirina sia un romanzo.
Ma l’amore è cieco e sordo, è stolido ed è immorale, perciò le mie parole come sempre sono per te, adorabile cinghiale:
Una bieca, ottusa, mediocre riscrittrice compulsiva e seriale.
Passo le stagioni, le giornate, le ore e i minuti a riscrivere parole che ho già scritto, smonto e rimonto costruzioni su cui mi sono già scervellata, immagini che ho già elaborato, limato, ripensato, cancellato e riproposto tali e quali.
Sono il prototipo di colui che prospera e s’ingrassa alle spalle altrui, che scopiazza le idee migliori, ricalca le sfumature, scimmiotta pedantemente lo stile, e poco importa che le spalle su cui gravo, le sfumature, le idee e lo stile che scimmiotto siano i miei e solo i miei, resto comunque una riscrittrice. Non una scrittrice.
Sono la sanguisuga di me stessa, mi ingozzo della mia linfa, sguazzo nelle mie parole, ricopio i miei sentimenti, li ripropongo, li ricalcolo allo sfinimento, rielaboro, reinvento, ma non c’è niente di nuovo sotto al sole.
Ci sono solo io che mi sfrutto all’infinito. Senza rispetto, senza pudore, senza un barlume di immaginazione, utilizzo ogni parte di me, compresa la cotenna, pur di tirar fuori almeno un po’ di grasso dalle mie parole.
Persevero e mi ostino a rimestare il fondo, in cambio di un po’ di sapore.
Nella ridicola speranza che prima o poi tu possa leggere le mie parole.
Tu, che ti addormenti quando ti parlo.
Tu, che ti annoi quando io piango.
Tu, che sei convinto che il bugiardino dell’aspirina sia un romanzo.
Ma l’amore è cieco e sordo, è stolido ed è immorale, perciò le mie parole come sempre sono per te, adorabile cinghiale:
“In un’altra vita lui mi ama, e io lo so.
Questo mi rende felice e fremente di piacevoli aspettative ultraterrene.
Tuttavia
c’è qualcosa di incredibilmente ostinato
nel suo modo di detestarmi in questa vita qui.”
(Tratto da “A volte mi calmo”, di Anita Docile, con illustrazioni di Catherina Romanelli, in vendita sul nostro sito www.popedizioni.it)
