I personaggi di un romanzo si guardano da vicino o da lontano? Meglio raccontare quello che succede in modo dettagliato o a grandi linee? Come parlare dell’amore senza sembrare stupidi? E il sesso è meglio descriverlo o alludervi soltanto?
Non è per niente facile raccontare una storia; fosse anche la più bella del mondo, se il narratore è maldestro chi legge lo mollerà su due piedi, annoiato. Mentre da un vero scrittore chi legge si lascerà condurre, in piena libertà, per il piacere di attraversare insieme eventi e sensazioni che si sviluppano di pagina in pagina.
Maria Tina Bruno dirige ciascuna pagina con maestria, contenta di ingaggiare un godibile gioco con il lettore. Per quel connubio magico fra talento ed esperienza non c’è ritmo che non sappia restituire, e l’azione si muove rapidamente fra dialoghi, spostamenti, sferzante comprensione dei meccanismi della vita, passioni sfrenate e momenti di scrittura più intimi, sensibili a quegli stati d’animo che non hanno nome.
Emerge una protagonista dall’intelligenza vivace, capace di umorismo e ironia, che si considera navigata alla vita, ma che si ritrova invece impreparata a un accadimento del tutto imprevisto, che la sbalza ben al di là delle sue certezze.
Per riprendersi, lei accetta di compiere il suo viaggio “da turista di se stessa”, spettatrice di una vita che va modificandosi davanti al suo sguardo esterrefatto, sullo sfondo di una splendida isola greca, Creta, in cui la passione per un esemplare di maschio di rara prestanza si intreccia a nuovi incontri che suscitano pensieri radicali e rinnovati. Un giro di boa per ritrovarsi davanti a una verità inaspettata, che conduce inesorabile alla solida realtà.
E arrivati alle ultime pagine ci sembrerà di aver compreso ogni aspetto di questa donna, così simile a molte donne, e di avere imparato con lei, e accettato, il senso misterioso delle emozioni.