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Roberta Margiotta è una giovane poetessa al suo esordio letterario con “Ero feroce in sogno”.
Una raccolta che appare già matura, segnata da uno stile espressivo essenziale e privo di ridondanza, che accompagna un malinconico languore, un’incertezza tra la voglia di vivere intensamente e la volontà di rifuggire consuetudini inadatte a un animo insofferente alle regole accettate dai più.
Una delle peculiarità della penna di Margiotta è di saper restituire frammenti di minuta biografia con versi che suonano sempre convincenti, capaci di tramutare piccole testimonianze di vita vissuta in vera e propria poesia universale.
Come in questo componimento, dove il rapporto con la scrittura viene paragonato a un incontro saffico, tratteggiato con cenni sapienti e suggestivi.
“Scrittura inebriante e superba
come una donna nuda sul mio letto
mi graffia la schiena
mi apre tutta – il petto il seno le labbra
e dolcemente mi sputa nella gola il veleno
secco delle sue menzogne
– le parole.
Se solo fossimo in grado di utilizzarle,
smetteremmo di rincorrerci guardandoci le spalle
e inizieremmo a baciarci il viso, a toccarci la fronte.”
L’iniziale turbamento lascia presto spazio alla voglia di abbandonarsi a una nuova esperienza, fino ad affondare nelle profondità del corpo e della mente.
“Liberami dalla struggente
oppressione che vibra fino alle viscere
del mio perenne turbamento di incompresa,
liberami dalla persecuzione dei sensi e dalla maledetta
benedetta resistenza che il mio corpo oppone
alla morte, come un bambino
che attaccato al seno della madre
ne succhia la carne.
Voglio essere morsa dal serpente del peccato
e rinascere dove io mi possa sentire innocente.”

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