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Oggi ci occuperemo di una figura tutt’altro che marginale nel mondo editoriale, eppure sovente dimenticata: quella del traduttore.
Spesso si gioca sull’etimologia del verbo “tradurre”, che viene fatta risalire al latino “tradere”, nel suo significato di “tradimento”, come a rimarcare la distanza che passa tra l’originale di un libro e la sua versione in un’altra lingua, che per forza di cose si discosterà da molte soluzioni stilistiche ed espressive scelte dall’autore.
Certe frasi idiomatiche, per esempio, non possono essere voltate semplicemente da una lingua all’altra. Questo renderebbe il testo poco fruibile per il lettore di un altro Paese.
Dove un inglese scriverà “it’s not rocket science”, l’italiano tradurrà “non ci vuole certo una laurea”, se vuole rimanere aderente allo spirito dello scritto senza cadere nel ridicolo.
Del resto, anche dal punto di vista giuridico, la traduzione di un libro è considerata sia un’elaborazione del lavoro altrui che un’opera d’ingegno, proprio come l’opera originaria da cui deriva.
Cosa distingue perciò una buona traduzione da una pessima?
Che cerchi di imitare per quanto possibile lo stile dell’autore, il registro che ha scelto per raccontare la storia (aulico, medio o basso), la scelta delle parole (colloquiali o raffinate), la vena umoristica, qualora ci sia.
Un bravo traduttore deve essere pronto a rinunciare alla propria identità autoriale per mettersi a servizio di un’altra.
(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)
Siamo una casa editrice NON A PAGAMENTO, perciò investiamo i nostri soldi, lavoro e competenze solo per pubblicare libri di cui ci innamoriamo. Se siete degli scrittori meravigliosi, potete inviare i vostri testi, in formato word o pdf, a pubblicazione@popedizioni.it Ma prima rileggeteli, valutateli e correggeteli con onestà, generosità e rigore. E ricordate che i refusi non sono una disattenzione, sono una perversione. Grazie.

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