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Un vero scrittore si distingue dai dilettanti della scrittura perché sa adoperare le parole con sufficiente professionalità. Del resto è questo il suo principale strumento di lavoro.
I più grandi scrittori tuttavia fanno un ulteriore salto di qualità: non solo sanno usare nel migliore dei modi le parole della loro madrelingua, sanno addirittura inventarne di nuove, con una padronanza tale da suggestionare il lettore.
È questo il caso della parola più lunga coniata da William Shakespeare: “Honorificabilitudinitatibus” (mutuata con tutta probabilità dal “De vulgari eloquentia” di Dante). La troviamo in “Pene d’amor perdute”, è un latino maccheronico che starebbe scherzosamente a indicare la facoltà di poter accettare senza problemi nuove cariche pubbliche.
Alcuni vocaboli inediti finiscono addirittura per rientrare nel linguaggio scientifico, come la parola “quark”, crasi di “question mark” utilizzata da James Joyce nel romanzo ipersperimentale “Finnegans Wake” e poi ripresa dal fisico Gell-Mann per designare le particelle subatomiche, proprio in omaggio all’autore irlandese.
Per venire alla nostra lingua, forse non tutti sanno che “erompere”, “incombere”, “improbo”, fratricida” sono tutti termini attribuiti all’ingegno inventivo di Giacomo Leopardi.
Anche se uno dei neologismi più spassosi resta quello creato da Carlo Emilio Gadda per descrivere i lombardi suoi conterranei, per i quali costruì appositamente l’aggettivo “ossibuchivori”, ossia strenui divoratori di ossibuchi.
(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)
Siamo una casa editrice NON A PAGAMENTO, perciò investiamo i nostri soldi, lavoro e competenze solo per pubblicare libri di cui ci innamoriamo. Se siete degli scrittori meravigliosi, potete inviare i vostri testi, in formato word o pdf, a pubblicazione@popedizioni.it Ma prima rileggeteli, valutateli e correggeteli con onestà, generosità e rigore. E ricordate che i refusi non sono una disattenzione, sono una perversione. Grazie.

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