Mark Twain consigliava ai colleghi: “Ogni volta che sei portato a scrivere ‘molto’, sostituiscilo con una parolaccia. Il tuo editore la cancellerà e lo scritto sarà comunque come dovrebbe essere”.
In effetti un autore spesso si fa prendere un po’ troppo dai suoi vocaboli preferiti, rischiando di non uscire mai dal proprio idioletto (ossia dal ristretto bagaglio linguistico che gli è proprio).
Sarebbe saggio riuscire a ragionare come un lettore, che a lungo andare si stufa di leggere sempre le stesse parole, o che potrebbe trovare la lettura appesantita da termini pleonastici o non necessari al testo.
Stesso discorso per le frasi fatte, le prime che ci vengono in mente quando pensiamo a un fatto o un luogo particolare, che proprio per questo bisogna scartare senza scrupoli alla ricerca di qualcosa di originale.
Come quando si comincia la descrizione di un evento con l’abusatissimo “Nella splendida cornice di…” e segue il riferimento logistico.
Se sospettate di aver scritto troppe volte questo o quel vocabolo, provate a controllare quante volte ricorre nel testo tramite l’apposita funzione del programma di scrittura. Cercate sinonimi, usate circonlocuzioni o eliminatelo senza pietà.
Ogni volta che quella parola vi sembra irrinunciabile, tenete presente che potrete sempre impiegarla altrove, dov’è più indicata. Ampliate la vostra scelta lessicale.
(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)
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