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Quelle che seguono sono le diverse fasi psicologiche che colgono un aspirante o affermato scrittore al momento dell’invio di un suo testo all’esame di un editore.
Prima fase, o della speranza: l’autore, ancora ebbro della bella sensazione di aver concluso il proprio libro, lo spedisce convinto che ne riceverà grandi soddisfazioni.
Seconda fase, o dell’attesa: l’autore, dopo che è trascorso un po’ di tempo senza che ancora abbia ricevuto risposta, trae buoni auspici da questo silenzio, convinto che l’editore lo stia leggendo, che gli stia piacendo e che si riservi di averne terminata la lettura per confermare il proprio interesse.
Terza fase, o della presa d’atto: passati i mesi, senza che nessuno si sia fatto sentire, l’autore inizia a sospettare che il suo testo alla casa editrice non lo calcolino proprio.
Quarta fase, o dell’ira funesta: nell’autore comincia a montare l’insana voglia di ripagare l’indifferenza dell’editore di riferimento, rigandogli come minimo lo sportello della macchina con un chiodo.
In ogni caso, non demordete e tenete presenti le storie di illustri predecessori: ventidue editori rifiutarono la raccolta di racconti di James Joyce “Gente di Dublino” prima che fosse pubblicata, Jack London ricevette seicento lettere di rifiuto prima di vedere il suo racconto d’esordio stampato da qualche parte, Antonio Moresco pubblicò per la prima volta a quarantasette anni, prima di allora neppure un trafiletto di giornale aveva ospitato qualcosa scritto di suo pugno.

(Pensierino della notte: devo scrivere tanto, ogni giorno, e leggere molto di più. Pensierino del giorno: non basta avere ispirazione, creatività e talento: per scrivere bene servono anche disciplina, determinazione e allenamento.)

NON siamo una casa editrice A PAGAMENTO, perciò investiamo i nostri soldi, lavoro e competenze solo per pubblicare libri di cui ci innamoriamo. Se siete degli scrittori meravigliosi, potete inviare i vostri testi, in formato word o pdf, a pubblicazione@popedizioni.it Ma prima rileggeteli, valutateli e correggeteli con onestà, generosità e rigore. E ricordate che i refusi non sono una disattenzione, sono una perversione. Grazie infinite.

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