L’analfabetismo funzionale non si vede.
Non dà le macchie sul viso, non impedisce di parlare né di mangiare, non influisce su nessuna delle azioni quotidiane, tranne una: pensare e ragionare bene.
Il dato è impressionante: non riguarda soltanto i più giovani, ma anche le fasce adulte di popolazione, uomini e donne che sanno leggere e scrivere, ma che non sono più in grado di comprendere frasi articolate, o di capire il contenuto di un discorso scritto.
A soffrirne è un terzo della popolazione italiana compresa fra i 16 e i 65 anni. Superati solo dalla Turchia (al 47%), siamo i peggiori in Europa.
In pratica, scriviamo moltissimi messaggi al giorno, ma un libro non riusciamo a finirlo e persino la traccia di un tema può metterci in difficoltà.
Come si cura questo disturbo?
Leggendo, prima di tutto.
Il dato non è omogeneo fra uomini e donne, ed è probabile che le donne soffrano meno di questo disturbo perché, in percentuale, leggono parecchio più degli uomini, e parlano di sé più degli uomini.
Perché un altro rimedio all’analfabetismo funzionale è rielaborare il proprio vissuto, fare esercizi di memoria, sforzarsi di dare forma alle esperienze, alle emozioni, e poi mettersi in gioco nel dialogo con gli altri, per ascoltare, elaborare…
Uno scenario sempre più raro fra i soliloqui che mi propinano (e forse propino a mia volta) amici e conoscenti, maschi e femmine, alla pari. E invece basterebbe entrare con attenzione nel pensiero dell’altro e “leggerne” le emozioni, come un’immersione rigenerante in un’altra vita, in un’altra forma di “scrittura” emotiva e razionale, diversa dalla nostra.
Allora, perché non leggiamo, o non leggiamo abbastanza?
Forse perché abbiamo rovesciato il piacere in un dovere: il gusto di raddoppiare le esperienze in un dovere di istruzione, il piacere di esplorare in un mero esercizio di apprendimento, nella comoda situazione dello spettatore, imboccato da emoticons e chat senza poesia, senza fantasticherie.
Chissà, forse l’unico mezzo per riscoprire l’avventura del leggere sarebbe proibire la lettura, come si proibisce una droga o un amore folle o la libertà di muoversi fuori dalle quattro mura di casa.
(Sonia F.)
Non dà le macchie sul viso, non impedisce di parlare né di mangiare, non influisce su nessuna delle azioni quotidiane, tranne una: pensare e ragionare bene.
Il dato è impressionante: non riguarda soltanto i più giovani, ma anche le fasce adulte di popolazione, uomini e donne che sanno leggere e scrivere, ma che non sono più in grado di comprendere frasi articolate, o di capire il contenuto di un discorso scritto.
A soffrirne è un terzo della popolazione italiana compresa fra i 16 e i 65 anni. Superati solo dalla Turchia (al 47%), siamo i peggiori in Europa.
In pratica, scriviamo moltissimi messaggi al giorno, ma un libro non riusciamo a finirlo e persino la traccia di un tema può metterci in difficoltà.
Come si cura questo disturbo?
Leggendo, prima di tutto.
Il dato non è omogeneo fra uomini e donne, ed è probabile che le donne soffrano meno di questo disturbo perché, in percentuale, leggono parecchio più degli uomini, e parlano di sé più degli uomini.
Perché un altro rimedio all’analfabetismo funzionale è rielaborare il proprio vissuto, fare esercizi di memoria, sforzarsi di dare forma alle esperienze, alle emozioni, e poi mettersi in gioco nel dialogo con gli altri, per ascoltare, elaborare…
Uno scenario sempre più raro fra i soliloqui che mi propinano (e forse propino a mia volta) amici e conoscenti, maschi e femmine, alla pari. E invece basterebbe entrare con attenzione nel pensiero dell’altro e “leggerne” le emozioni, come un’immersione rigenerante in un’altra vita, in un’altra forma di “scrittura” emotiva e razionale, diversa dalla nostra.
Allora, perché non leggiamo, o non leggiamo abbastanza?
Forse perché abbiamo rovesciato il piacere in un dovere: il gusto di raddoppiare le esperienze in un dovere di istruzione, il piacere di esplorare in un mero esercizio di apprendimento, nella comoda situazione dello spettatore, imboccato da emoticons e chat senza poesia, senza fantasticherie.
Chissà, forse l’unico mezzo per riscoprire l’avventura del leggere sarebbe proibire la lettura, come si proibisce una droga o un amore folle o la libertà di muoversi fuori dalle quattro mura di casa.
(Sonia F.)