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Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG @DonnenonfacciamoloinRete, nata per tutelare le donne e i minori dai pericoli del web.
La storia di Giulia Cecchettin ha scosso le coscienze, e incoraggiato tantissime donne e ragazze in pericolo a chiedere aiuto.
L’ultimo esempio è quello di una 16enne della provincia di Latina che in un tema sulla tragedia di Giulia ha trovato la forza per raccontare l’incubo personale che stava vivendo.
Usando la terza persona singolare, ha dichiarato che l’amore è cosa diversa dall’essere pedinata, minacciata e costretta a subire atti sessuali contro la propria volontà, ripresi in un video con un telefonino.
La docente di italiano, intuendo il malessere della studentessa, ha fatto leggere il compito alla dirigente scolastica. Poi ha chiesto l’intervento della psicologa della scuola e sono stati avvertiti i genitori, che sono riusciti a farsi raccontare dalla figlia cosa stava succedendo.
L’autore delle violenze è l’ex fidanzato, un coetaneo che frequenta la stessa scuola ed è accusato di violenza sessuale e atti persecutori.
Davanti al giudice il ragazzo ha negato tutto, anche il rapporto sessuale non consenziente, e sostenuto che la sua era “semplice gelosia”.
Il suo avvocato ha addirittura prodotto video e foto per sostenere che i lividi della ragazza sarebbero stati la conseguenza degli allenamenti di kickboxing, e non delle violenze dell’ex.
Tutto questo è vergognoso: capisco che ognuno legalmente abbia diritto a una difesa, ma utilizzare argomenti così beceri è davvero incredibile.
Soprattutto quando nel provvedimento viene specificato che il comportamento del ragazzo (nei confronti della vittima e dei suoi familiari) è stato di tipo “offensivo, denigratorio e minaccioso”, tale da provocare nella ragazza “un perdurante e grave stato di paura” che le ha fatto cambiare le proprie abitudini di vita e perdere tutte le amicizie.
Dobbiamo dire basta alla vittimizzazione secondaria: la verità nei confronti di un reato grave come la violenza di genere non può essere offuscata o messa in dubbio da teorie difensive retrograde e sessiste.
E soprattutto non deve MAI scoraggiare la denuncia del reato da parte della vittima.
(Sara D.)

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