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Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG @DonnenonfacciamoloinRete, nata per tutelare le donne e i minori dai pericoli del web.
Pasquale Guadagno ha 27 anni, sua sorella Annamaria 31, e da quasi 15 anni lottano affinché siano riconosciuti i loro diritti di orfani di femminicidio.
Il loro più grande desiderio è che la memoria della madre, Carmela Cerillo, uccisa nel 2010 dal marito Salvatore, venga tutelata.
Salvatore Guadagno è stato condannato “con rito abbreviato e l’attenuante della gelosia” a 18 anni di carcere, poi diventati 13 per buona condotta.
Il 25 febbraio di quest’anno è uscito dal carcere e ha potuto decidere del corpo della donna che ha ucciso.
Carmela avrebbe voluto essere sepolta con la famiglia a Napoli, ma secondo l’assurda legge italiana la decisione di come disporre del corpo spetta al vedovo. Senza l’autorizzazione scritta del padre, i figli non possono fare nulla.
Obbligati da questo sistema ingiusto, sono andati in carcere per incontrare l’assassino della loro madre (“l’ultima volta che l’avevo visto mi ha minacciato di morte”, ha raccontato Pasquale), ma lui non ha voluto firmare.
Pasquale dice che il padre vuole cremare la moglie, “per tenerla con sé, a casa sua”.
E purtroppo i paradossi per gli orfani di un femminicidio non finiscono qui.
Dopo l’omicidio, Pasquale e Annamaria non hanno ricevuto alcun supporto, e anzi sono stati affidati alla famiglia paterna, che li ha costretti a visitare in carcere il padre.
Una situazione a cui Pasquale si è ribellato a 17 anni andando a vivere a casa della sorella.
Non hanno avuto nulla dell’eredità, sia di quello che c’era in casa che nel conto in banca.
Quanti orfani sono nella stessa situazione di Pasquale e Annamaria?
Magari bambini troppo piccoli per capire cosa sia giusto o sbagliato, e per prendere decisioni. Sono figure di cui lo stato si è completamente dimenticato.
E come spesso accade, oltre il danno c’è anche la beffa: i padri omicidi, dopo aver distrutto più di una vita, acquisiscono eredità e diritti sul corpo della vittima.
(Stefania S.)

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