Hanno fatto molto discutere le parole di un pubblico ministero bresciano sul caso di una donna bengalese che ha denunciato il marito per vari maltrattamenti, tra cui la segregazione domestica.
Il pubblico ministero, davanti a una richiesta così esplicita di aiuto, per tutta risposta ha chiesto l’archiviazione del processo (quindi nessuna condanna) perché i comportamenti dell’imputato non sarebbero colpa sua bensì del contesto culturale da cui i due coniugi provengono.
Una forma di relativismo legislativo che non ha alcun senso all’interno del nostro ordinamento giuridico, come capirebbe anche un ragazzino.
Inoltre la denuncia della donna rende più che evidente che una persona proveniente da un’altra cultura non è affatto disposta a subire qualsiasi abuso in nome di tradizioni sociali e religiose.
Una condizione di pesante disagio che il genere femminile tuttora sperimenta sulla propria pelle a diverse latitudini.
È appunto questo il tema trattato dalla raccolta di racconti “La mia patria sono io” scritto da J.H. Yasmin, alla quale si sono rivolte nove donne per confidare le privazioni, le umiliazioni, le violenze subite oggi in Egitto.
Uno degli argomenti più ricorrenti di questi racconti, infatti, è proprio il divieto di uscire di casa che molti mariti impongono alle proprie mogli, sorelle e figlie, come nel caso di Noura:
“Noura, seppure con tristezza, si abituò presto a quella vita da reclusa, e continuò a scrivere sulla sua piccola lavagna parole per gli studenti che non avrebbe mai avuto.
Non potendo fare altro, Noura trascorreva gran parte della giornata a dormire. Non le era consentito uscire neppure per acquistare i propri abiti, che le venivano portati in regalo dai fratelli, e le era vietato fare visita ai parenti in qualunque giorno dell’anno.
Quando Noura si ammalava, suo fratello faceva arrivare un taxi sin davanti alla porta di casa affinché lei non camminasse per strada e non attirasse gli sguardi della gente.
Perciò Noura cominciò a stare male spesso”.
Storie di ordinaria follia, ai nostri occhi occidentali, che nove donne affidano al lettore italiano con la speranza che questo libro possa essere un inizio di libertà.