“Da anni faceva parte della famiglia, e nessuno dubitava di lui. Entrava e usciva dalla loro casa anche quando sua madre non c’era. Sin da bambina si era abituata alla sua presenza e si fidava di lui, senza dubbi.
Lo stesso valeva per i suoi fratelli e per suo padre, morto troppo presto. Nessuno sospettava di lui.
Quando a distanza di anni ne parlò con sua madre, lei la guardò senza dire niente. Dal suo sguardo Miriam capì che la madre le credeva, ma quel silenzio che si protrasse per anni rese evidente che grossolano errore fosse stato parlarne.”
Il brano che avete appena letto è tratto dalla raccolta di racconti “La mia patria sono io” dell’autrice italo-egiziana J.H. Yasmin, in cui nove donne trovano il coraggio di abbattere il muro di omertà che le circonda e accettano di raccontare la propria vita, nell’Egitto dei nostri giorni.
Infibulazione, matrimoni combinati, violenza domestica, ripudio, diritto allo studio negato, impossibilità di autodeterminarsi.
Sono storie durissime, che sembrano provenire da un’epoca lontana e che invece accadono oggi, appena dall’altra parte del Mediterraneo. Eppure sono storie raccontate con grazia, con pudore.
Come scrive l’autrice nella bella prefazione al volume:
“Quante persone, quante parole incontriamo e quante storie si diluiscono dentro di noi senza che ce ne rendiamo conto.
Viviamo giorni in cui il parlare viene prima dell’ascoltare e il fermarsi è quasi un privilegio.
E se invece ognuno di noi si soffermasse a guardare la bellezza, ad ascoltare le parole che ci raggiungono senza essere percepite, a consolare il dolore delle vite che sfioriamo?
Raccontare alcune delle storie che mi sono state offerte in momenti inaspettati e in luoghi impensabili è una scelta importante.
Una scelta che rende omaggio alle donne che, per un attimo, mi hanno resa parte della loro esistenza.”
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