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Privacy.
Un concetto che in un’epoca come la nostra, dominata dalla divulgazione in Rete di ogni notizia, e dei più disparati fatti personali sbandierati più o meno volentieri, tende a essere sottovalutato.
Eppure non dovrebbe essere così, soprattutto quando dettagli della propria vita privata vengono diffusi senza consenso: strappati in maniera subdola ai legittimi proprietari.
Come è successo a un gruppo di circa ottanta donne spagnole di varie età, filmate in un vicolo a fare pipì durante la Maruxaina, una festa popolare a San Cibrao in Galizia.
I video, ripresi da una telecamera di sicurezza, sono stati poi pubblicati su siti porno a pagamento.
Le donne, sbigottite dal ritrovarsi tra le star della pornografia, hanno denunciato l’accaduto, che è finito nelle aule di un tribunale.
Finito bene?
No, finito male, perché il giudice ha decretato che non si tratta di un reato, in quanto i filmati sono stati registrati in una zona pubblica della città e, di conseguenza, non intendevano violare l’intimità fisica e morale delle donne in questione.
Perché riprendere una donna a sua insaputa, mentre si apparta per fare pipì, non lede la sua intimità fisica e morale. Non viola la sua privacy.
E rendere pubblici questi video, lucrarci, condividerli all’infinito non infrange nessuna legge.
Come se fosse più importante tutelare il divieto di urinare in un vicolo appartato rispetto alla condivisione non consensuale di immagini intime.
Ed è proprio questo il problema.
La legge, che troppe volte non contiene quel minimo di buon senso che anche un filo d’erba possiede.
Non serve a niente indignarsi, rimanere a bocca aperta.
Bisogna fare sentire il proprio dissenso, continuare a resistere anche di fronte a sconfitte come questa, come hanno fatto le attiviste dell’associazione “Mujeres en Igualdad Burela”, che ricorreranno in appello contro la sentenza per smascherare i colpevoli e tentare di cancellare tutti i video, che ancora oggi sono a disposizione di chiunque.
Morale della favola: se ti scappa la pipì, non farla per strada.
(Sonia F.)

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