Adesso posso dirlo: io e Samantha Cristoforetti abbiamo qualcosa in comune.
Non per il fatto che siamo entrambe donne.
E neppure per il tipo di lavoro: lei fa l’astronauta, io sono impiegata in un’azienda.
Entrambe, però, a proposito del lavoro, ci siamo sentite dire: “E i figli a chi li lasci?”.
Basta scorrere i commenti sotto la foto che precede la partenza del capitano Cristoforetti per la missione sulla Stazione Spaziale Internazionale, con lei che manda un bacio ai due figli Kelsi Amel e Dorian Lev, per capire quanto la questione di chi si occuperà dei suoi figli sia quella di maggior interesse.
Domanda che mi è capitato di ricevere da conoscenti e colleghi: “Ma scusa, quando sei in trasferta per l’azienda, chi si occupa dei tuoi bambini?”.
Nessuno: li lascio nel parcheggio dell’aeroporto e li riprendo quando torno.
Perché un’altra cosa che accomuna me e AstroSamantha è che entrambe, evidentemente, abbiamo un compagno che sa fare anche il papà, e che ritiene normalissimo occuparsi dei figli quando mi trovo in un’altra nazione, quando il mio turno di lavoro finisce dopo il suo, quando sono più stanca di lui, quando voglio passare una serata tra amiche, fare un bagno caldo, depilarmi le gambe…
Eppure a lui nessuno ha mai chiesto, prima di un viaggio di lavoro: “Accipicchia, e adesso i figli a chi li lasci?”.
Perché si dà per scontato che:
1. solo una madre debba occuparsi dei figli;
2. solo una madre sia in grado di farlo adeguatamente.
Il che è parimenti offensivo sia per per le madri che per i padri.
Per noi donne è offensivo il principio per cui sarebbe inconciliabile esercitare degnamente la propria professione e crescere altrettanto degnamente i figli.
E per gli uomini è offensivo il preconcetto secondo cui sarebbero pressoché incapaci di badare a lavoro, casa e famiglia senza stramazzare al suolo dopo un paio d’ore (e senza incendiare la cucina o perdersi i figli al supermercato).
Che piaccia o meno, la situazione è questa: noi donne non dobbiamo più scegliere tra famiglia e carriera e gli uomini non devono più sentirsi caricature da commediola di serie B sui disastri casalinghi.
(Sara C.)