Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG “ @DonnenonfacciamoloinRete ”, nata per tutelare le donne dai pericoli del web.
Si può separare la persona-individuo dalla persona-lavoratore?
Sì, anche se talvolta le persone hanno molto in comune con le loro professioni.
Parliamo un po’ del caso Depardieu, che da inizio dicembre ha scatenato alcuni siparietti piuttosto sgradevoli.
L’attore vantava già ben 16 accuse di stupro, ma l’opinione pubblica se n’era dimenticata e Depardieu continuava la sua vita indisturbato.
Poi, il 7 dicembre, un programma francese ha trasmesso immagini inedite di un documentario girato nel 2018 in cui l’attore ha atteggiamenti volgari e fa dichiarazioni sessiste nei confronti di diverse donne e di una bambina di 10 anni: giustamente è esploso il finimondo.
Dal video è palese il suo comportamento osceno, eppure più di 50 artisti francesi hanno avuto il fegato di difenderlo con una lettera aperta in cui dichiaravano che Depardieu è “l’ultimo mostro sacro del cinema e che la Francia gli deve tantissimo”.
Una settimana dopo, oltre 150 persone del mondo della cultura francese hanno reagito con un contro-articolo: “Alcune voci si levano per difendere Gérard Depardieu, insinuando che il suo talento dovrebbe metterlo al riparo dalle critiche e scusarlo per il suo comportamento, ma il talento non giustifica la trasgressione dei limiti e l’attacco all’integrità altrui”.
Le diatribe continuano, e intanto Emmanuelle Debever, la prima donna che ha denunciato Depardieu nel 2019, si è suicidata nella Senna (Depardieu era stato assolto dall’accusa di stupro nei suoi confronti).
È questo l’aspetto su cui dovremmo riflettere: che speranza hanno le vittime se le loro denunce finiscono in un nulla di fatto, e se l’opinione pubblica difende un molestatore solo per la sua notorietà?
Credevo che soltanto i ricchi e i potenti godessero di una sorta di immunità rispetto alla legge, adesso scopro che vale anche per chi ha talento al cinema.
Va beh…
(Stefania S.)