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Come ogni domenica, vi presentiamo un brano tratto dalla nostra pagina FB e IG @DonnenonfacciamoloinRete, nata per tutelare le donne e i minori dai pericoli del web.
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono purtroppo ancora considerati un “problema da donne”. È vero, più dell’80% delle persone che si ammalano sono donne, ma questo non è un caso: ci sono solide basi culturali, date dalla pressione esercitata dal patriarcato sul corpo delle donne durata per secoli (ancora in corso, ahimè).
Ma se i DCA colpissero in prevalenza gli uomini, sarebbero trattati con altrettanta superficialità? Sarebbero ancora considerati malattie di serie B? Si liquiderebbero anoressia e bulimia con la scusa del “mito della modella”?
Intanto, la dimostrazione che al patriarcato non frega nulla dei DCA ce l’ha data poco tempo fa il governo Meloni, quando il ministro Schillaci ha deciso di tagliare il Fondo per DCA di 25 milioni.
La mossa però non è passata inosservata e ha causato l’insurrezione (sacrosanta) di tante piazze italiane.
Subito il ministro ha provato a mettere una toppa, con un fondo speciale da 10 milioni. Una cifra considerata irrisoria da tutte le associazioni specializzate nella lotta ai DCA.
Maruska Albertazzi, attivista dell’associazione Fiocchetto Lilla, ha detto: “Una struttura residenziale privata per DCA costa dai 280 ai 300 euro al giorno e i ricoveri durano mesi. Ci sono famiglie che per poter curare i propri figli hanno venduto la casa”.
Nel frattempo, in commissione Sanità al Senato è iniziato l’esame del disegno di legge di maggioranza che introduce pene severe per chi istiga ai disturbi del comportamento alimentare.
Da persona che ha sofferto di DCA nell’adolescenza mi chiedo: “È vero, il web è pieno di persone che diffondono condotte pericolose, ma se queste persone lo fanno perché loro stesse sono malate, vanno punite o aiutate?”.
Guarire da un DCA è un atto sociale, un atto di ribellione contro il patriarcato; tutte e tutti dovrebbero avere l’opportunità di riuscirci, indipendentemente da quanti soldi hanno in tasca.
(Sonia F.)

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