O lui è un attore da Oscar, oppure io ho un problema.
Per farvi capire. Stasera è uscito. Perfetto, niente in contrario. Fin dall’inizio della nostra relazione abbiamo parlato tantissimo di che tipo di coppia volevamo essere: “Per me è importante che ognuno abbia i propri spazi”, “Anche per me”, “E gli hobby sono fondamentali, e le amicizie ancora di più…”, “Sì, chiaro, sennò poi non abbiamo più niente da dirci”, “Non voglio ritrovarmi come in quei rapporti in cui si fa tutto insieme e si finisce per dire sempre ‘noi’: noi pensiamo questo, a noi piace quest’altro. Mi fanno orrore quelle coppie”, “Sì, certo, anche se da ragazzina ho vissuto un rapporto di coppia quasi simbiotico, ma adesso sono cresciuta, non potrei mai accettarlo”.
Insomma, discorsi così.
E davvero sono d’accordo. Non l’ho detto per compiacerlo, sono sincera. Mi fido di lui, come lui di me. E trovo indispensabile poter godere appieno della mia libertà.
L’altra sera, quando sono rientrata da un dopocena tra amiche era notte fonda, e l’ho trovato che ronfava beato sul divano, con una bottiglia di birra accanto e la tv accesa.
O è un attore navigato o era VERAMENTE tranquillo. E invece, quando lui esce da solo, io mi sento inquieta. Non è che ho paura che mi tradisca o cose così, ma non riesco a fare altro che… “attendere”. Ed è una sensazione orribile, che mi mortifica, mi toglie dignità, perché razionalmente so che è assolutamente sbagliato. Io sono un’entità, non una graziosa propaggine del concetto di coppia.
Io sono io, a prescindere da lui.
Eppure a volte mi viene ansia, e per calmarmi comincio a lucidare la casa da cima a fondo, come faceva mia madre quando qualcosa la preoccupava molto. Appunto, mamma.
L’ho chiamata e mi sono confidata con lei. Ha cercato di sdrammatizzare: “Ma dai, siamo donne, sono secoli che restiamo ad aspettare!”. Mi ha lasciata di sasso. Credevo di essere diversa, più… “evoluta”, e invece mi sono auto-retrocessa al ruolo della donna che aspetta in eterno.
Ho provato un brivido d’orrore, per quella parte infantile di me che ancora adesso cerca di sabotarmi e indebolirmi. Devo stare in guardia: serve tempo e fatica per crescere in modo sano.
Per farvi capire. Stasera è uscito. Perfetto, niente in contrario. Fin dall’inizio della nostra relazione abbiamo parlato tantissimo di che tipo di coppia volevamo essere: “Per me è importante che ognuno abbia i propri spazi”, “Anche per me”, “E gli hobby sono fondamentali, e le amicizie ancora di più…”, “Sì, chiaro, sennò poi non abbiamo più niente da dirci”, “Non voglio ritrovarmi come in quei rapporti in cui si fa tutto insieme e si finisce per dire sempre ‘noi’: noi pensiamo questo, a noi piace quest’altro. Mi fanno orrore quelle coppie”, “Sì, certo, anche se da ragazzina ho vissuto un rapporto di coppia quasi simbiotico, ma adesso sono cresciuta, non potrei mai accettarlo”.
Insomma, discorsi così.
E davvero sono d’accordo. Non l’ho detto per compiacerlo, sono sincera. Mi fido di lui, come lui di me. E trovo indispensabile poter godere appieno della mia libertà.
L’altra sera, quando sono rientrata da un dopocena tra amiche era notte fonda, e l’ho trovato che ronfava beato sul divano, con una bottiglia di birra accanto e la tv accesa.
O è un attore navigato o era VERAMENTE tranquillo. E invece, quando lui esce da solo, io mi sento inquieta. Non è che ho paura che mi tradisca o cose così, ma non riesco a fare altro che… “attendere”. Ed è una sensazione orribile, che mi mortifica, mi toglie dignità, perché razionalmente so che è assolutamente sbagliato. Io sono un’entità, non una graziosa propaggine del concetto di coppia.
Io sono io, a prescindere da lui.
Eppure a volte mi viene ansia, e per calmarmi comincio a lucidare la casa da cima a fondo, come faceva mia madre quando qualcosa la preoccupava molto. Appunto, mamma.
L’ho chiamata e mi sono confidata con lei. Ha cercato di sdrammatizzare: “Ma dai, siamo donne, sono secoli che restiamo ad aspettare!”. Mi ha lasciata di sasso. Credevo di essere diversa, più… “evoluta”, e invece mi sono auto-retrocessa al ruolo della donna che aspetta in eterno.
Ho provato un brivido d’orrore, per quella parte infantile di me che ancora adesso cerca di sabotarmi e indebolirmi. Devo stare in guardia: serve tempo e fatica per crescere in modo sano.