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Anche se al mattino ho una fretta assurda, mi piace truccarmi con calma; prima un giro di rossetto e poi sulle mie ciglia il nero vellutato del mascara, guardandomi gli occhi da vicino vicino: ci trovo sempre qualche risposta non cercata.
Per esempio: stamattina sicuramente il mio direttore mi proporrà, di nuovo, un appuntamento fuori orario, mescolando il lavoro e la chiacchiera; cercando una complicità che mi imbarazza e, diciamolo, mi dà proprio fastidio.
Potrei rifiutare, ma lo ammetto: dire “no” non mi viene così facile. Mi pare che rovini il gioco, “non stia bene”, perché sono una persona piuttosto gentile, e da me ci si aspetta accoglienza, comprensione e disponibilità.
E mica soltanto al lavoro: a casa, quando stavo con i miei genitori, e poi con i miei figli, con il mio amante, con il mio ex marito, con le mie amiche, con i vicini… La verità è che i miei NO hanno sempre spezzato qualcosa, e per questo mi fanno paura e li travesto da scuse o li evito: portano in sé discussione e conflitto. E io non amo discutere né litigare.
Sarà per questo che quando qualcuno mi mette in imbarazzo, la prima cosa che faccio è ridimensionare il mio disagio. Invece che rifiutare, addolcisco la proposta: forse non c’è niente di male, forse non lo ha fatto apposta, forse valeva la pena di accettare, forse sono io che…
(Ecco, così l’occhio è perfetto.)
“Forse sono io” che cosa?
Forse sono io che sono a disagio. Non basta questo? E invece sì, deve bastare.
E forse questo disagio lo posso esprimere senza aprire delle voragini di discussioni, senza assumere una durezza che non è la mia: con un sorriso, con gentilezza, con formule brevi ma cristalline: “No, grazie”, “No, non posso”, “Non mi è proprio possibile, ti ringrazio”.
Ho detto no. No. No. Per dire Sì a me stessa, nello specchio.
(Giulia B.)

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