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Tutti purtroppo abbiamo sentito parlare di questa tragedia: all’inizio di maggio a Genova Alice Scagni è stata uccisa sotto casa dal fratello Alberto.
Era da tempo che l’uomo lanciava segnali inequivocabili di quel delirio mentale che lo avrebbe condotto a un omicidio.
Aveva abbandonato il lavoro, rinunciato al reddito di cittadinanza, viveva in completa dipendenza economica dai genitori, dava spesso in escandescenze contro l’intero vicinato e contro la nonna, sua dirimpettaia.
Alla fine, di fronte al rifiuto del padre di dargli altri soldi, per vendetta è andato sotto casa di sua sorella e l’ha accoltellata.
Ma non è stato un fulmine a ciel sereno.
I genitori da molti mesi sporgevano denunce e allertavano le forze dell’ordine sui comportamenti del figlio e su quel che sarebbe stato capace di fare. Gli agenti a cui si sono rivolti, sia di persona che attraverso il centralino, pare che non avessero preso troppo sul serio i vari esposti tanto da aver fatto poco o nulla per fermare Alberto Scagni prima dell’irreparabile.
Due poliziotti e uno psichiatra sono indagati dalla Procura di Genova in merito alla trascuratezza con cui si sono interessati a un caso così grave.
Le omissioni di cui si sarebbero resi colpevoli riguardano l’eccessivo tempo trascorso prima di richiedere il ricovero, per quanto riguarda il medico, e il mancato intervento dopo le minacce alla sorella, per quel che compete gli agenti di Polizia.
Quel che si spera è che un’azione penale come questa possa servire da monito a chi dovrebbe tutelare famiglie nelle stesse condizioni, che in presenza di un potenziale assassino si sentono abbandonate dalle istituzioni, finché non è troppo tardi.

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