Da molti anni la serialità è il tratto della cultura contemporanea. Quella attrazione irresistibile per la “ripetizione” si è diffusa dall’industria all’arte, regno fatato del pezzo unico, ma disintegrato ormai molti anni fa da Andy Wharol: tutti conoscono il volto di Marylin o quello Mao Zedong moltiplicato nelle sue serigrafie, e d’altra parte, se c’è un genere che oggi non accenna a deludere il grande pubblico, è quello delle serie televisive.
C’è un altro tipo di serialità che dovremmo deciderci a riconoscere: il femminicidio. Roberta Siragusa a 17 anni è stata strangolata, parzialmente bruciata e poi buttata in un burrone. Le cronache si sperticano sulle dinamiche e sbirciano i profili social del principale sospettato, Pietro, il giovane fidanzato già in carcere.
Il racconto “continua” come gli altri, innumerevoli, visto che ogni tre giorni una donna muore ammazzata.
E Caccamo, il paese medievale da poco premiato come “borgo autentico d’Italia”, aggiunge anche questa terribile targa alla “tipicità” del Belpaese che soddisfa. In una serie televisiva la domanda sarebbe: chi è l’assassino? Ma sarebbe una fiction banale, perché qui gli assassini non contano. L’assassino, in questo caso, è la mentalità, la cultura del disprezzo.
Fra la violenza agita e la violenza di una cultura popolare assuefatta al femminicidio sembra essersi dissolta quella barriera fondamentale, quella “simbolica”, in cui la rabbia può diventare occasione per trasformare, oppure esprimersi, per diventare parola o arte.
Ecco perché la poesia di Roberta Margiotta, così giovane, così potente con la sua carica di paura e desiderio è una scoperta che indica una via: “Ero feroce in sogno”, un titolo stupendo per versi in cui il dolore e la rabbia trovano la via di uscita, come un lungo lavorìo della coscienza da cui sorge la poesia.
Quella poesia che potrebbe davvero salvare la vita a un’intera generazione.“Vola, come una farfalla
nel cielo estraneo di carezze
e scopriti linfa
della tua condanna
in questo incredibile
e spietato gioco.”
(I versi sono tratti da “Ero feroce in sogno”, di Roberta Margiotta, in vendita su www.popedizioni.it)
Il racconto “continua” come gli altri, innumerevoli, visto che ogni tre giorni una donna muore ammazzata.
E Caccamo, il paese medievale da poco premiato come “borgo autentico d’Italia”, aggiunge anche questa terribile targa alla “tipicità” del Belpaese che soddisfa. In una serie televisiva la domanda sarebbe: chi è l’assassino? Ma sarebbe una fiction banale, perché qui gli assassini non contano. L’assassino, in questo caso, è la mentalità, la cultura del disprezzo.
Fra la violenza agita e la violenza di una cultura popolare assuefatta al femminicidio sembra essersi dissolta quella barriera fondamentale, quella “simbolica”, in cui la rabbia può diventare occasione per trasformare, oppure esprimersi, per diventare parola o arte.
Ecco perché la poesia di Roberta Margiotta, così giovane, così potente con la sua carica di paura e desiderio è una scoperta che indica una via: “Ero feroce in sogno”, un titolo stupendo per versi in cui il dolore e la rabbia trovano la via di uscita, come un lungo lavorìo della coscienza da cui sorge la poesia.
Quella poesia che potrebbe davvero salvare la vita a un’intera generazione.“Vola, come una farfalla
nel cielo estraneo di carezze
e scopriti linfa
della tua condanna
in questo incredibile
e spietato gioco.”
(I versi sono tratti da “Ero feroce in sogno”, di Roberta Margiotta, in vendita su www.popedizioni.it)