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Prima rivelazione del Buddha: la vita è sofferenza.
Seconda rivelazione del Buddha: tu prendila con allegria.
Forse è proprio per agevolare quel buonumore che, nonostante le premesse, un piccolo gruppo di monaci di un tempio situato nel nord della Thailandia era solito ricorrere all’uso di metanfetamina, come hanno potuto appurare le autorità locali dopo averli sottoposti tutti ad accertamenti clinici mirati.
La polizia ha fatto irruzione nel tempio per obbligare l’abate e i monaci lì presenti a fare i test. Il blitz era inserito in un’operazione più vasta, motivata dalla necessità di sgominare i traffici di metanfetamina provenienti dalla vicina Birmania.
Gli abitanti dei villaggi serviti da questo tempio ora mostrano preoccupazione per la mancanza di qualcuno che offici le varie cerimonie a cui erano soliti partecipare. Invece, nessuno di loro si era mai lamentato dei comportamenti tenuti in privato dalle loro guide spirituali.
In effetti, a parte il crimine commesso, è probabile che l’uso di sostanze “dopanti” abbia anche potuto facilitare un certo tipo di approccio a fenomeni immateriali come quelli contemplati da ogni tipo di confessione religiosa.
Marx diceva che la religione è l’oppio del popolo, ma evidentemente ai religiosi non sempre basta, se talvolta ricorrono alle droghe da discoteca.
Non conosciamo le ragioni che hanno portato i monaci buddisti ad assumere stupefacenti né come si ponga la loro disciplina di fronte a questo.
Eppure un motivo deve esserci: forse neanche vivere nei luoghi di culto tiene al riparo dalle brutture di questa società sempre più allo sbando, in cui gli appigli e i punti fermi sono ormai miraggi (o allucinazioni da acidi…).

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