Un operaio di 43 anni, residente in provincia di Torino, angustiato da una ludopatia da cui era affetto da molti anni ha deciso di farla finita.
Forse per autopunirsi, dopo aver sperperato alle slot machine forti somme di denaro che sarebbero tornate utili alla moglie e ai due figli adolescenti, si è suicidato nella maniera più brutale: alle 6 del mattino si è chiuso nella sua automobile e si è dato fuoco, dopo essersi versato addosso due taniche di benzina.
Prima di compiere il tragico gesto ha telefonato alla moglie per un ultimo saluto.
Quella del gioco d’azzardo è una dipendenza paragonabile all’alcolismo o al consumo di droghe, infatti per uscirne si deve compiere un percorso psicologicamente non molto dissimile da chi si voglia “ripulire” dalla tossicodipendenza.
Ciò che rende la ludopatia ancora più subdola, almeno da un certo punto di vista, è che sia pienamente legalizzata e disponibile in ogni angolo della città.
Questo significa che un giocatore compulsivo può entrare in una qualsiasi agenzia di scommesse o tabaccheria fornita di slot machine e dare libero sfogo ai suoi demoni con assoluta facilità.
È peraltro abbastanza inutile sperare che lo Stato si muova drasticamente contro queste dipendenze, a parte le tiepide campagne di sensibilizzazione che di tanto in tanto promuove, considerando gli enormi incassi che ne derivano, paragonabili a una manovra economica di medie dimensioni a ogni semestre.
Come potremmo aspettarci che lo Stato si adoperi per tutelare la salute del cittadino a discapito di questo vortiginoso giro d’affari?
Meglio provare ad aiutarsi da soli, capendo di essere vittime di una grave dipendenza che va affrontata e curata come tale, prima che la situazione degeneri al punto da scegliere il suicidio anziché la vita.