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Avere a che fare con l’Alzheimer è un calvario, sia per chi ne soffre sia per le persone che assistono il malato nelle attività quotidiane.
Quando andava a trovare il padre, una mia amica veniva accolta con stupore: “Ma chi è questa bella ragazza?” E lei ne soffriva moltissimo: la persona per cui provi amore, che ti ha cresciuto, non ti riconosce più.
L’Alzheimer è un abisso che divora la memoria, a volte la lascia riaffiorare e poi la inghiottisce di nuovo, fino a dimenticare i visi, i nomi, ogni ricordo di sé e degli altri.
Smarrimento ed emarginazione sono le sensazioni con cui un malato di Alzheimer è costretto a convivere ogni giorno.
In Italia ne soffre quasi un milione di persone, e al momento non esiste alcuna cura, anche se la ricerca prosegue per contrastare efficacemente la malattia, se non addirittura prevenirla.
Però, nel 2018, a Monza è sorto un piccolo borgo che si chiama il “Paese Ritrovato” ed è un progetto innovativo che rivoluziona il modo di intendere la cura: offre a chi è malato di Alzheimer la possibilità di vivere la propria esistenza in libertà, ma in un ambiente controllato.
Le persone accolte nella struttura – gestita dalla cooperativa “La Meridiana” e realizzata con il contributo di alcuni imprenditori locali – vivono in appartamenti protetti, ma possono muoversi in modo autonomo nella piazza, nel caffè, nel cinema e ricevere le necessarie attenzioni.
La barista è un’operatrice socio-sanitaria, la parrucchiera anche, l’insegnante di teatro è una terapeuta.
Nel “Paese ritrovato” i pazienti sono liberi di scegliere cosa fare per ritrovare una dimensione di socialità che restituisce valore al loro presente.
Giardinetti, negozi, la chiesa, la biblioteca e l’orto, la collina dei fiori, un piccolo ecosistema, una vera e propria oasi naturale ricca di stimoli sensoriali che i residenti possono frequentare spontaneamente, senza correre alcun pericolo.
La socialità per le persone coinvolte è fondamentale, e provare a condividere le emozioni e il disagio in un contesto accogliente e assistito può consentire al malato un’esistenza serena e dignitosa, che dovrebbe essere un diritto per chiunque, ancor più per chi è gravemente malato.

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