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Il 2020 è un anno che molti sperano di dimenticare al più presto.
Un anno che forse ha riportato a galla le nostre insicurezze, che ci ha costretto a pause che non avremmo voluto prenderci.
Ma ci ha anche offerto del tempo prezioso per occuparci di noi stessi.
Tempo per riflettere, per staccare, per rispolverare le passioni. Per dedicarci alla lettura, per esempio.
A quell’attività per cui si pensa sempre di non avere tempo a sufficienza.
Eppure, così non è stato.
Perché un nuovo studio congiunto del Centro per il libro e la lettura (Cepell) e dell’Associazione Italiana Editori (AIE) ha dimostrato che il numero dei lettori italiani è diminuito notevolmente dal 2019 al 2021.
E il calo più drastico e preoccupante si registra soprattutto tra i ragazzi dai 15 ai 17 anni.
Tra coloro che, forse più di chiunque altro, si sono dovuti adattare a una realtà completamente diversa e insolita.
E la lettura avrebbe certamente potuto rivelarsi un alleato formidabile per combattere non solo la noia, ma anche la paura del cambiamento.
Ma l’accusa, in questi casi, non si può rivolgere solo ai ragazzi. Perché la scuola deve ammettere le proprie responsabilità.
Certo è che tra DAD e interazioni umane che faticano a svilupparsi dietro il freddo schermo di un computer, la lettura è diventata l’ultimo dei problemi.
Ed è proprio qui che sta l’errore: trasformare la lettura in un obbligo, un compito per le vacanze, l’ennesima scocciatura che ostacola il divertimento.
L’errore è non riuscire a rendere la lettura una passione.
Ciò che manca è la capacità di fornire gli strumenti che trasformino la lettura in un vero e proprio godimento.
In una compagna che ci allontana dalla banalità dei giorni e ci conduce in universi sconosciuti e fantasiosi. Che ci fa crescere, ci fa innamorare delle parole e delle idee.
Che ci insegna l’unico vero rimedio contro la cieca ubbidienza: il dubbio.
L’intelligenza, l’assoluta necessità del dubbio.
È questo che la scuola dovrebbe insegnare. E la letteratura gliene sarebbe grata.

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